Eccomi, di Jonathan Safran Foer

"Qualche volta i sentimenti sono cosi:
non positivi, non negativi, solo molti"

Appena ho terminato la lettura di "Eccomi" l'ultimo romanzo di Jonathan Safran Foer ho pensato che non sarei stata in grado di scriverne una recensione e, cercando in rete recensioni di persone più preparate di me, ho scoperto di non essere l'unica confusa da questo romanzo.

La trama è semplice: Jacob e Julia vivono a Washington, sono sposati e hanno tre bambini, Sam Max e Benji, e un cane, Argo. Jacob e Julia sono ebrei, credenti ma non troppo praticanti, diciamo quanto basta per non rinnegare la loro identità. Sono vegani ma si concedono qualche eccezione come ad esempio i gamberetti ogni tanto. Sono professionisti (rispettivamente scrittore uno e un architetto l'altra) affermati ma insoddisfatti. Jacob e Julia sono, a guardarli da fuori, la perfetta incarnazione della coppia medio-borghese e, a guardarli da dentro, profondamente infelici. 
Di questo parla "Eccomi" parla della presa di coscienza di due infelicità e della conseguente fine di un matrimonio.

Il romanzo si presenta inizialmente come una narrazione corale a tre voci: Julia, Jacob e Sam ognuno dei quali ci offre il suo punto di vista sulla situazione famigliare e i suoi sentimenti in merito. Nel procedere del romanzo però Julia e Sam diventano sempre più comprimari e la narrazione si concentra su Jacob, sulla sua confusione, sulla sua sofferenza, sempre più nel profondo quasi a volerne fare una vivisezione.
Chi è Jacob? E' un uomo pavido, spaventato, eternamente preda di lancinanti e spesso inutili sensi di colpa verso tutto e tutti. Un uomo che non si lascia mai andare, non si scopre mai, non rivela mai il vero se stesso, nemmeno ai suoi famigliari, nemmeno a sua moglie. Si ha l'impressione che il romanzo, per 600 e passa pagine, non decolli mai, perché in realtà è il suo protagonista a non farlo. Sebbene possa sembrare essere lui, il motore del divorzio (Julia lo scopre a scambiare messaggi erotici con una collega), nella realtà è lui a subirlo. Jacob subisce tutto: i suoi genitori, i suoi figli, la moglie, il lavoro e le aspettative che tutti hanno su di lui. Jacob è un uomo immobile, impantanato nei suoi sentimenti inespressi e nella paura di deludere gli altri. Persino la decisione di andare in guerra è dettata dalla voglia di non deludere  il cugino Tamir, ma nemmeno questo slancio riuscirà a portare a termine. 

fonte Google
"Eccomi" è il racconto della paura di vivere e di come, se portata agli eccessi, questa paura possa bloccarti tanto da distruggere la tua vita. Paure e indolenza si fondano nel protagonista imprigionandolo e immobilizzandolo facendo si che perda tutto: matrimonio, famiglia, carriera senza nemmeno lottare per salvarle.
Lo sintetizza mirabilmente, nel discorso del suo Bar Mitzvah, Max il figlio di mezzo: "alla fine le uniche cose che non perdi sono quelle che ti rifiuti di lasciare andare" perché nella vita per tutto ci vuole impegno,lotta e fatica, "l'amore non è assenza di sforzo. L'amore è sforzo".

"Eccomi" è un romanzo che disturba perché riflette, come uno specchio, i mali della nostra era, i nostri mali, i condizionamenti che, più o meno inconsapevolmente viviamo e subiamo tutti. 
Quanti di noi non amano il proprio lavoro eppure non fanno nulla per cambiarlo? Quanti di noi, come Jacob, tengono i loro sogni chiusi in un cassetto lontano dagli sguardi altrui, lontano dalla paura di fallire? Quanti di noi fingono di interessarsi ad un argomento, fingono di essere militanti (in politica, religione, per una buona causa...) ma rimangono sempre al bordo dell'azione, non si espongono mai? Quanti si impegnano davvero per essere felici?

Non possiamo facilmente dire se amiamo o odiamo il romanzo di Foer perché semplicemente lo "subiamo". Ci costringe a guardarci dentro, e fa male. La scrittura è stralunata, ricca, piena di battute brillanti, dialoghi incalzanti, frasi e interi paragrafi da sottolineare. Un romanzo pieno di cultura e di intelligenza dove il suo autore non fa sfoggio di nulla, semplicemente si racconta. Forse a volte è troppo ridondante, forse si dilunga su alcuni aspetti, ma in conclusione ne esce un fedele e doloroso ritratto dell'infelicità dell'età moderna.

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