Ovunque proteggi la grazia del mio cuore
"Il peggio è che se ne parla, ma solo il giorno stesso, poi si dimentica in fretta. Il brutto è che ci stiamo abituando". Luglio, caldo afoso. Siamo seduti per terra sulle pietre roventi di piazza della Loggia e aspettiamo che inizi lo spettacolo. Il sole sta tramontando e la piazza intorno a noi inizia a popolarsi. E' inevitabile parlare dell'orrore accaduto solo pochi giorni fa, della paura, della rabbia e di cosa possa riservarci il futuro. La riflessione di mio fratello è amara ma vera e mi viene da pensare se non sia questo che ci aspetta nei prossimi anni, una rassegnazione all'orrore e il vivere di una paura costante. L'accettazione passiva di questi fatti atroci come se non dipendessero da noi, ma da un destino imprevedibile e inevitabile.
Il fanatismo da una parte e la paura dall'altra sono, nelle conseguenze se non nelle cause, entrambe facce di una stessa medaglia. Entrambe distorcono menti e coscienze e portano a compiere atti terribili spinti dall'emozione del momento, distorcendo la realtà e obnubilando la ragione. Rispondere all'orrore con l'orrore non è la soluzione, eppure in qualche modo occorre reagire. Si spengono all'improvviso le luci della piazza, e inizia la musica, la nostra conversazione si interrompe senza essere arrivata ad una conclusione.
Lo spettacolo è meraviglioso. Le nostre mani si alzano, battono il tempo, applaudono, si cercano, si intrecciano. Dal palco arrivano parole di poesia, parole a volte dure di sofferenza, ma anche inni alla vita, all'amore e al domani.
Il fanatismo da una parte e la paura dall'altra sono, nelle conseguenze se non nelle cause, entrambe facce di una stessa medaglia. Entrambe distorcono menti e coscienze e portano a compiere atti terribili spinti dall'emozione del momento, distorcendo la realtà e obnubilando la ragione. Rispondere all'orrore con l'orrore non è la soluzione, eppure in qualche modo occorre reagire. Si spengono all'improvviso le luci della piazza, e inizia la musica, la nostra conversazione si interrompe senza essere arrivata ad una conclusione.
Lo spettacolo è meraviglioso. Le nostre mani si alzano, battono il tempo, applaudono, si cercano, si intrecciano. Dal palco arrivano parole di poesia, parole a volte dure di sofferenza, ma anche inni alla vita, all'amore e al domani.
Li chiamano "lupi solitari". Non sono un'organizzazione a delinquere, una banda o un movimento criminale. Sono persone che vivono accanto a noi e che forse, anche in questo momento, sono cosi soli, fragili e addolorati che l'unica via d'uscita che riescono a concepire per la loro rabbia sia di infliggere un dolore terribile, insensato e gratuito ad altre persone. Dal palco Vinicio ci saluta, con l'ultimo brano, ma prima una premessa:
"in questo luogo che il male l'ha visto, stasera sotto la luna piena, voglio dirvi cos'è il male secondo me. Il male è non saper riconoscere altro oltre a se stessi"
E' forse questa la soluzione. Capire non per scusare ma per prevenire. Capire la cultura degli altri per entrare in contatto con loro. Per abbattere i muri che dividono e creano dannosi isolamenti e solitudini. Capire le motivazioni della rabbia, per poterla curare. Capire il dolore per poterlo lenire. Capire le idee per poterle accogliere. Capire uno stile di vita per poterlo mescolare al nostro, creando regole nuove condivise da tutti e nel rispetto di tutti. Riconoscere cosa ci divide dall'altro, per abbattere la distanza, per creare un ponte. Perché non ci siano più "lupi solitari". Perché questi uomini possano vedere in noi un aiuto e un conforto alla loro disperazione, e non nei mercanti di morte che li utilizzeranno come strumenti sacrificali per i loro interessi economici. C'è cosi tanta rabbia, dopo fatti del genere, che ci si dimentica che in fondo, siamo tutte vittime degli stessi carnefici.
So che sembra tutta molta retorica, ma non trovo oggettivamente altra soluzione al problema e mi rifiuto di credere che sia la loro la strada giusta. Abituarsi all'orrore è la cosa più sbagliata. Onestamente, cos'altro potremmo mai fare?
Il concerto finisce, un ultimo applauso e torniamo verso casa. In testa ancora l'ultima strofa:
Ovunque proteggi, proteggimi dal male
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