Acciaio, di Silvia Avallone

Ci siamo incontrati su una bancarella del mercato di Agropoli, provincia di Salerno, un caldo giorno di Aprile io e "Acciao" di Silvia Avallone. Lo ammetto: se il prezzo non fosse stato fissato a 2 euro probabilmente non lo avrei mai acquistato e con il senno di poi non me ne sarei pentita.
fonte Pinterest

"Acciaio" parla di due amiche Anna e Francesca, cresciute in simbiosi nella periferia di Piombino all'ombra dell'acciaieria Lucchini che governa coi suoi ritmi la vita di tutti gli abitanti dei casermoni di Via Stalingrado.
Anna e Francesca sono più che amiche, si considerano sorelle. Entrambe con una situazioni famigliari difficili alle spalle per colpa dei rispettivi padri: il primo truffatore e perennemente sull'orlo della galera, il secondo violento. Anna e Francesca volteggiano fra feste, fidanzatini, litigi con l'inconsapevolezza dei loro quasi quattordici anni, divise fra la voglia di crescere e la paura di quel mondo che fino a poco tempo prima era riservato ai grandi. Ce la farà la loro amicizia a resistere agli urti del mondo esterno e sopratutto all'arrivo dell'amore?
La crescita, il passaggio dall'infanzia all'età adulta, la violenza domestica, la scoperta dell'amore sono tutti elementi che basterebbero da soli per comporre un buon romanzo di formazione e denuncia sociale. Purtroppo però la Avallone vuole strafare e riempie la storia di comprimari che, chi più chi meno, ci introducono ai temi più disparati, fra cui la dipendenza da alcool e droghe, lotte sindacali, infortuni sul lavoro, prostituzione minorile, omosessualità, gravidanze indesiderate, autolesionismo, malattie terminali, l'11 settembre e il terrorismo....
Purtroppo però "il troppo stroppia" come si suol dire e cosi, per la smania di voler dire troppo, la storia non dice assolutamente nulla. La psicologia delle protagoniste non è approfondita e temi delicati e complessi vengono trattati senza rispetto e con superficialità. Perché Francesca inizia a prostituirsi, cosa prova, come si sente e sopratutto perché nessuno, famiglia o assistenti sociali si accorgono che una ragazzina di 14 anni lascia la scuola per il locale a luci rosse del paese? A che scopo inserire, nelle ultime cinque pagine, la morte di Alessio per un incidente sul lavoro se poi non si parla né dell'impatto che questa disgrazia ha sui personaggi, né tanto meno del tema scottante e di massima gravità della sicurezza sul lavoro?
Il libro è pieno di incongruenze (si dice che Francesca è piena di lividi, tanto da non poter essere visitata dal medico, ma ogni pomeriggio in spiaggia sfoggia un mini bikini senza che nessuno si accorga di nulla oppure), di personaggi appena abbozzati che vengono poi abbandonati al loro destino senza dare una chiusura alle loro linee narrative (che ne è di Donatella, malata terminale di sclerosi multipla), con qualche caduta di stile linguistica, forse per strizzare l'occhio alla letteratura adolescenziale alla Moccia (vedi l'uso ripetuto del termine "muso" per indicare il volto delle protagoniste).

In conclusione "Acciaio" è un'occasione sprecata. Un'autrice talentuosa, con una scrittura scorrevole e accattivante, che si perde nella fretta di voler dire troppo. L'errore è il credere che, per far si che una storia funzioni, basti buttarla sul drammatico infarcendola di tanti drammi. Il libro risulta non essere né carne né pesce: non è uno young adult, ma nemmeno un romanzo di formazione, tanto meno un romanzo corale o uno spaccato dell'Italia dei primi anni duemila. Resta l'amaro in bocca.



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